KABARETT WEIMAR
Una trilogia teatrale ispirata alla storica Repubblica che fu punto di riferimento per il pensiero artistico e politico prima dell'avvento del nazismo.
Un progetto a cura di Bruno Maccallini e Antonella Ottai
Regia degli spettacoli: Bruno Maccallini
Un'iniziativa in collaborazione con Goethe-Institut-Rom
Lunedì 22 aprile - Ore 21:00
DIVA
di Antonella Ottai
con Chiara Bonome e Bruno Maccallini
Musiche dal vivo: Pino Cangialosi
Martedì 23 aprile - Ore 21:00
STASERA HO DECISO DI VENIRMI A TROVARE
di Bruno Maccallini e Antonella Ottai
con Bruno Maccallini
Voce, corno e chitarra: Livia Cangialosi
Mercoledì 24 aprile - Ore 21:00
GROTESK!
di Bruno Maccallini e Antonella Ottai
con Bruno Maccallini
Musiche dal vivo: Kabarett Ensemble
Teatro Vascello
Via Giacinto Carini 78 (Monteverde vecchio, Gianicolo) - Roma
Infoline: +39 06 5881021 / +39 06 5898031 - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Ingresso spettacolo: € 15,00 (intero); € 12,00 (over 65)
Abbonamento a 3 spettacoli: € 30,00
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C’era una volta la Repubblica di Weimar. Dotata di una costituzione avanzatissima in tema di democrazia e diritti sociali, conobbe una esistenza politica molto accidentata, spesa fra la tempesta delle origini e l’abisso in cui si trovò a sprofondare. La sua breve storia è una parabola da più parti ancora evocata per ammonire su come, nelle luci di una comunità socialmente avanzata, siano sempre in agguato le ombre della barbarie. Ma se questo è oggetto di una discussione ancora attuale, rimane fuor di ogni dubbio che, dal punto di vista culturale, l’epoca di Weimar sia stata fra le più brillanti mai conosciute e che il suo campo sperimentale abbia investito ogni settore dello scibile umano, dalle arti tutte alle scienze al costume politico e sociale.
DIVA Una sinfonia per Weimar rende un contenuto omaggio a questa complessità, ricordandone alcuni dei punti salienti e dei personaggi più significativi. Si affida perciò a un personaggio immaginario, nel quale prende consistenza una figura determinante, DIVA, la Nuova Donna. In lei confluiscono le diverse performance di cantanti, attrici, poete e personalità varie che in tutti i campi stavano rivoluzionando l’immagine del femminile; si tratti di liriche come la Else Laske-Schüler, di interpreti come la Waldoff, di attrici come la Dietrich, di danzatrici come la Anita Berber e la Valeska Gert, DIVA le riassume tutte.
Nello spettacolo, come scena elettiva di queste disparate protagoniste – ma anche di altri celebri esponenti dello spirito di Weimar, drammaturghi, giornalisti, cabarettisti non meno che maghi – è stato scelto uno dei caffè più celebri e celebrati della Berlino degli anni venti, il Romanisches Café, che storicamente rappresentò un luogo di ritrovo intellettuale di carattere internazionale. Il suo capocameriere, Karl – confidente e amico personale di molti dei protagonisti del nostro racconto – accompagna e sostiene con le sue battute DIVA e, allo stesso tempo, ci offe un “dietro le quinte” di quanto ogni giorno animava il palcoscenico della capitale.
Se DIVA interpretata da Chiara Bonome è il corpo performativo dello spettacolo, il personaggio Karl di Bruno Maccallini ne è il narratore. E il maestro di cerimonie. Mutatis mutandis, una sorta di Ridolfo della goldoniana Bottega del caffè.
Non a caso, performance e racconto si svolgono in un caffè, luogo di transiti senza altra cittadinanza che non sia quella dispensata dalle arti e dalla cultura, dove l’impermanenza diventa “stato vitale”. Reduci dal disastro comune della grande guerra, profughi dalle rivoluzioni che avevano dato lo scossone finale agli imperi, rifugiati politici, viaggiatori curiosi del nuovo o inviati speciali, per tutti Berlino era sede di passaggi e di incontri fra i più significativi del novecento.
A interpretare questo particolarissimo mood, rimane fondamentale anche la parte musicale, affidata al pianista Pino Cangialosi, spaziando fra popolare e avanguardia, creando relazioni stimolanti con le parole della poesia come del divertissement. La musica d’altronde è stata sempre protagonista tanto delle sperimentazioni strumentali più audaci quanto del cabaret e delle piccole scene. Né si è tirata mai indietro quando si trattava di affrontare i nuovi media, la radio o il cinema sonoro.
Attraverso una selezione di autori – da Brecht a Klabund, da Lasker-Schüler a Tucholsky, da Hollaender a Weill, da Eisner a Grünbaum – e di opere – poesie, song, brani orchestrali e brani satirici di cabaret – lo spettacolo attraversa alcune delle tematiche centrali in quegli anni, il rifiuto del militarismo e delle guerra, l’immagine del femminile e la rivoluzione dei comportamenti sessuali, le sperimentazione artistiche d’avanguardia, la minaccia della disoccupazione, il razzismo crescente e la ricerca di un capro espiatorio che pagasse le colpe di una situazione economica che, dopo il ’29, era diventata insostenibile.
Per l’informazione più propriamente storica, necessaria a comprendere meglio alcuni degli aspetti satirici dello spettacolo, lavorano in scena gli stessi elementi che hanno visto la luce proprio nei teatri della repubblica di Weimar, i cartelli didascalici di brechtiana memoria e le proiezioni cinematografiche (brevi documenti filmati) di piscatoriana memoria.
Un modo per ricordarci di una storia che è stata, ed è, profondamente europea.
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